Il personaggio del mese

Intervista a Renato Villalta, capitano della Virtus pallacanestro Bologna nel glorioso anno della “stella”, oro agli europei con la Nazionale

“Bologna città di eccellenze, ma per stare tra i primi serve più gioco di squadra”

Villalta, una prima domanda che preme particolarmente agli appassionati di pallacanestro e di sport: Bologna secondo lei tornerà a essere Basket City, e cosa gli manca?
Tornerà? No, io credo che Basket City è un nome che ha, merita e che rimarrà sempre, perché Bologna è una città che ama e vive con passione tutti gli sport e quindi anche la pallacanestro che le ha dato tante soddisfazioni. Se poi, come capisco chiaramente dalla domanda, si intende se potrà tornare ai livelli espressi per oltre vent’anni, allora la risposta è: molto, molto difficile e nel caso ci vorranno almeno dieci, forse venti anni. Venendo al ‘cosa gli manca’, in questo nuovo millennio tutto è cambiato nel mondo della pallacanestro e per primeggiare a livello internazionale occorrono ingenti risorse economiche che al momento non sembrano alla portata. Ma non è solo una questione di soldi e neppure è limitata a Bologna. Tutto il movimento cestistico italiano, come si vede dai risultati, è in grande difficoltà. Per sintetizzare dico: troppi stranieri, spesso di dubbia qualità e pochi, pochissimi (a volte sbagliati nelle modalità) investimenti per incentivare la presenza in squadra degli italiani e soprattutto sui giovani che invece sono la vera risorsa da cui occorre ripartire. Subito, però, e con nuove politiche da parte degli organi preposti a supporto delle Società che per prime devono tornare a credere e impegnarsi per fare crescere i nostri ragazzi che altrimenti scelgono la pallavolo…

Che cosa sta apprezzando in questo momento nella Virtus e nella Fortitudo?
Nella Virtus, Massimo Zanetti. Tanto di cappello e un applauso di cuore a un imprenditore e a un uomo che si è appassionato a questo sport investendo importanti risorse ed energie per dare lustro alla propria città. Per quanto riguarda la Fortitudo, le auguro di trovare un magnate che abbia il coraggio e la voglia di investire.

Qual è un ricordo che le sta particolarmente a cuore nella sua vita di cestista a Bologna? Quale invece un rammarico?
E’ facile. Il ricordo più bello è lo scudetto della stella, nel 1984, quando vincemmo, io capitano, la prima a Milano, perdemmo a Bologna ma poi avemmo la forza di tornare a vincere la terza decisiva in casa loro. L’arrivo di notte a Bologna, insieme a Brunamonti, Bonamico, Van Breda Kolff, Rolle e tutti gli altri, con la festa dei 10.000 in Piazza Azzarita, Un’emozione incredibile che non dimenticherò mai. Il rammarico? La finale di Coppa dei Campioni a Strasburgo del 1981 con il Maccabi Tel Aviv che ancora oggi non esito a definire “rubata” perché il famigerato fallo di sfondamento fischiato a Marco Bonamico non esisteva, per l’invasione di campo che ci ha impedito di finire la partita … Insomma è storia. E mi rincresce soprattutto per il grande popolo bolognese che ci aveva accompagnati là e meritava di più.

Che giudizio dà oggi di Bologna non solo dal punto di vista sportivo, ma anche sociale ed economico?
Amo Bologna, è una città di grandi eccellenze, ma che a mio parere da tempo si è seduta. E’ come una Ferrari che corre con il motore di una Cinquecento. Da un lato mi pare manchi il coraggio di scelte importanti, ma soprattutto, fra coloro che potrebbero fare e dare, vedo troppo individualismo. L’Avvocato Porelli, grande maestro di vita oltre che di sport, ci diceva che il vero avversario da battere non era fuori ma dentro di noi. Voleva dire di lasciare da parte gli egoismi e gli interessi personali e fare il gioco di squadra. Ecco è questo che manca a oggi a Bologna, un gioco di squadra insieme con una maggiore disponibilità da parte dei singoli a scendere il campo per il bene pubblico.

Per tredici anni (e nei cuori di molti tifosi ancora oggi) “bandiera” della Virtus pallacanestro Bologna, Renato Villalta è considerato uno dei migliori giocatori italiani di sempre anche per essere stato uno dei pilastri delle formazioni azzurre che hanno vinto prestigiosi trofei.

In questo momento la città ha come suoi maggiori punti di forza il turismo e il food, cosa pensa che serva per potenziare questi ed altri settori economici?

Bologna con i suoi monumenti, i portici, le Torri e le piazze è una delle città più affascinati del mondo oltre che apprezzata per la tradizione del mangiare bene, quindi è ovvio che turismo e food siano oggi così importanti per l’economia cittadina. Ma a mio parere questi pur significativi volani non sono sufficienti se si vuole competere in ambito internazionale con i centri urbani di pari o maggiore livello. Occorre puntare di più sulla Cultura, che da sempre viene accostata a Bologna, utilizzando al meglio le strutture esistenti per mostre e manifestazioni di prestigio e richiamo che, come quella organizzata al Mambo su David Bowie, hanno dimostrato di avere grande seguito di pubblico. Ma anche puntare su grandi eventi sportivi, obiettivi di livello come potrebbe essere quello di ospitare una futura finale di Eurolega.

Che giudizio dà degli artigiani e delle piccole e medie imprese bolognesi?

Fondamentali, sono l’humus dell’economia, quelli che, insieme al mondo cooperativo e ai marchi di prestigio mondiale, mandano avanti la città.

Quali sono i suoi progetti presenti e futuri?

Salute, famiglia e lavoro. Nel futuro, soprattutto, che ci siano possibilità di lavoro e di esprimere le proprie vocazioni per i miei figli e per i giovani in generale. Sarà difficile, molto. Ma in un’epoca in cui tutto cambia così velocemente, con le tecnologie che decidono la politica e costringono a pensare il tempo reale, mi auguro che loro, in questo più attrezzati di noi, sappiano trovare il bandolo della matassa per un mondo migliore.

Arrivato sotto le Due torri nel 1976, anche dopo il ritiro dall’attività sportiva ha scelto di vivere a Bologna. Una città che ama, nella quale svolge la sua attuale attività professionale, ma cui non lesina qualche critica: “è una Ferrari che corre con il motore di una Cinquecento”.

Così come al mondo della sua amata pallacanestro che oggi in Italia vive uno dei momenti più amari della sua storia recente.